Nella realtà produttiva di Pratic il “mondo a colori” ha trovato immediata applicazione con l’inaugurazione di un impianto di verniciatura ecosostenibile in grado di produrre 30 colorazioni di altissima qualità. Si tratta di colorazioni che replicano i colori naturali della terra.
La ricerca Lively Colours Il colore è la prima cosa che colpisce il nostro sistema visivo, prima della forma e del movimento: i colori caldi e chiari accelerano il battito cardiaco e la respirazione, favorendo il movimento, i colori scuri e freddi provocano l’effetto contrario
Percezione del Colore
In natura esistono milioni di colori e altrettanti sono quelli che il nostro occhio riesce a vedere. Una quantità impressionante, se si considera che riusciamo a percepire solo la luce compresa in una modesta porzione dell’intero spettro elettromagnetico.
Ma come funziona il meccanismo che regola la percezione del colore? La luce viene catturata e suddivisa grazie a tre differenti tipologie di cellule denominate coni, capaci di percepire le onde del blu, del verde e del rosso, ed è successivamente elaborata da strutture cerebrali specializzate.
Le tre componenti di una scena visiva – colore, forma, movimento – vengono analizzate da aree specializzate asincronicamente. Vediamo prima i colori, poi le forme, infine i movimenti e le posizioni. Ecco perché i colori hanno una notevole importanza, non solo da un punto di vista scientifico, ma anche per tutte le applicazioni che ne derivano.
Oggi sappiamo come nell’essere umano i colori caldi e chiari accrescano la tensione muscolare, accelerino il battito cardiaco e la respirazione favorendo il movimento. Mentre i colori scuri e freddi provocano l’effetto contrario. Allo stesso modo delle semplici variazioni degli equilibri cromatici possono cambiare completamente la percezione dello spazio intorno a noi, tanto all’interno quanto all’esterno.
Evoluzione e colore: questione di “gender”?
Secondo le teorie evoluzioniste l’associazione tra genere e colore risalirebbe al ruolo sociale svolto da uomini e donne nel mondo preistorico. I primi più impegnati in attività venatorie in ambienti forestali (verde) o marini (blu) e le seconde “specializzate” nella ricerca di frutti maturi, spesso gialli e rossi
Perché la nostra cultura associa determinati colori al genere? È il risultato di un processo evolutivo legato maggiormente a fattori culturali o biologici? Sono numerosi gli studi che cercano di indagare la relazione tra colore e gender.
Le maggiori abilità visivo-spaziali della donna, nonché la sua attenzione per i dettagli, sarebbero dovute alla struttura imposta dalla società preistorica, dove l’uomo era cacciatore e la donna raccoglitrice.
Una segmentazione sociale che avrebbe suggerito, nel secondo caso, una preferenza per la gamma di colori rosso-porpora, utile per individuare frutti maturi, e blu-verde per l’uomo, più portato ad attività venatorie in ambienti forestali (verde) e marini (blu).
Esisterebbe poi un’associazione tra il colore rosso e il ruolo di caregiver svolto dalla donna, la cui maggiore capacità di entrare in empatia con gli stati emotivi altrui sarebbe connessa all’afflusso sanguigno verso il volto, quale primo segnale di un cambiamento interiore.
Il concetto di “Period Eye” e la genesi dei colori
In base alla teoria del “Period Eye” l’occhio umano è in grado di vedere solo i colori con cui ha potuto familiarizzare. Un membro di una tribù della savana australiana è in grado di riconoscere tonalità di verde indistinguibili all’occhio di un europeo, ma al tempo stesso è “cieco” al colore blu, non presente nel suo habitat
Se oggi si può disporre di schermi a led capaci di ricreare 16 milioni di colori, c’è stata un’epoca nella quale l’essere umano, era capace di esprimere concetti complessi attraverso tre soli colori: il bianco, il nero e il rosso.
Tre tonalità in sintonia con le ricerche di Berlin e Kay, che dimostrano come il nominare e il riprodurre un colore siano stati strettamente collegati e allo stesso tempo interdipendenti rispetto al contesto.
Una correlazione cui si è dato il nome di Period-Eye, che indica come la capacità di discriminare i colori, l’attenzione ad essi e l’arte stessa, siano congenite e allo stesso tempo “attivate” dall’ambiente nel quale si è immersi.
Tra i tanti settori in cui può essere applicata questa teoria c’è naturalmente anche quello dell’arte. Il neuro-storico dell’arte John Onians spiega ad esempio la pittura “tonale” di Tiziano e quella “lineare” di Michelangelo come un duplice prodotto.
Da una parte frutto dell’esperienza personale e inconscia di ogni artista. Dall’altra, una conseguente assimilazione conscia delle caratteristiche del contesto nel quale questi due maestri furono immersi.
L’acqua lagunare nel caso di Tiziano, la petrosità del bugnato fiorentino in quello di Michelangelo.